CONDOMINIO
Nel condominio ci si apprestava a giocare a canasta come tutti i giovedi’ sera.
“Perche’ canasta?” domando’ Giovanni mentre accendeva la TV: c’era l’ultima regata di Luna Rossa, non se la sarebbe persa per nulla al mondo.
“Perche’ la vela?” domando’ a sua volta Cinzia.
Giovanni prese il pacchetto di sigarette e Cinzia capi’ che non c’era risposta. Erano sposati da troppi anni ormai per mettere in discussione le basi del loro rapporto e le cose andavano bene cosi’.
“Canasta!” sorrise Giovanni buttando fuori il fumo che aveva inspirato.
Cinzia annui’.
“Quanto e’ ormai che giochi con i nostri vicini?” continuo’ lui.
“Due anni”
“E quando pensate di studiarvi le regole?”
Cinzia alzo’ le spalle “Giochiamo solo per divertimento... per stare insieme. Le regole sono secondarie non trovi? E se cominciassimo a litigare? Non abbiamo piu’ l’eta’ per litigare, Giovanni!”
La regata stava per iniziare e l’attenzione di lui fu tutta per lo schermo della televisione.
“Devi smettere di fumare. Quella roba ti fa solo del male!” disse lei, ma non era sicura che il marito l’avesse sentita: le barche si erano allineate vicino alla partenza.
Cinzia usci’. Chiuse la porta delicatamente e scese le scale di un piano. Quella storia andava avanti da due anni e per molti altri sarebbe proseguita, uguale a se stessa, in quella ripetitivita' di gesti che e' propria degli anziani.
Quella sera avrebbero giocato da Domenico, al piano terra. Domenico era un ometto di circa ottanta anni, attaccato alla vita come pochi altri. Era sopravvissuto alla moglie e purtroppo anche alla figlia, ma soprattutto era sopravvissuto a tutte le dicerie sul suo conto. Per un certo periodo si racconto’ persino che avesse sequestrato la figlia e l'avesse chiusa in una delle camere della sua grande casa.
L’inquilina del terzo piano lo raccontava spesso a quella del secondo, stando attenta a non affacciarsi troppo dal balcone per la paura che lui potesse scorgerla.
Ovviamente Domenico sentiva tutto, persino i pianti della neonata del quinto piano, e non si lamentava mai. La vita che circondava il suo appartamento non lo disturbava affatto, anzi. Da tutti quei suoni estrapolava la vita e la faceva sua, come una spugna sulla riva di un fiume continua ad assorbirne l’acqua.
Domenico non era molto alto ma gli piaceva quella prospettiva dalla quale osservare gli altri : li studiava, mentre passavano oltre. Li osservava andar via per sempre e riusciva a tirare le somme della loro esistenza attraverso gli occhi di parenti ed amici presenti al funerale.
Non c'era un funerale nella sua parrocchia che si perdesse. Era li' per vecchi amici, per parenti, per semplici conoscenti e persino per gli sconosciuti e anonimi abitanti del quartiere.
Amava passeggiare in silenzio e osservare i negozi lungo le strade. Camminando, giorno dopo giorno, aveva visto chiudere prima la macelleria, poi il veterinario e persino l'elettrauto. Al cambiare dei tempi resistevano soltanto i due bar, l'alimentari e il negozio di cornici.
Aveva pochissimi amici e Cinzia era una di questi. Neanche Giovanni amava passare del tempo con Domenico.
Giulia era un'altra delle sue amiche della canasta. Abitava al quarto piano, era piena di vita nonostante i suoi sessantacinque anni compiuti. Non badava alla dicerie del condominio tanto quanto non ci badassero Domenico e Cinzia. Forse era per questo che si trovavano bene a giocare a canasta senza sapere nemmeno le regole.
Giulia non era mai stata sposata anche se di uomini ne aveva avuti molti. Aveva vissuto bene anche da sola, facendo affidamento solo su stessa. Pensava che le maldicenze su di lei fossero dettate dall'invidia per la sua liberta'. Aveva lavorato a lungo e aveva una pensione di tutto rispetto. Era soddisfatta di se', della sua vita, perche' poteva permettersi di guardare indietro senza avere rimpianti.
Anche Cinzia accettava la vita per quella che era nonostante la sua malattia. Le ossa la facevano soffrire, ma andava avanti cercando di godersi tutto quello che la vita le offriva. Non aveva paura di andare avanti.
Domenico, poi, sembrava alieno a queste preoccupazioni. Giocava e rideva, camminava per ore ed osservava il mondo circostante con occhi neutrali, non per giudicare ma solo per osservare.
Fuori il mondo cambiava e Domenico osservava.
Il tempo passava inesorabile e molti degli inquilini del condominio non c'erano piu', sostituiti da giovani coppie con figli. Domenico era andato a tutti i loro funerali, anche a quello della maldicente signora del terzo piano.
Eppure, anno dopo anno, loro tre continuavano a giocare a canasta tutti i giovedi' sera.
Anche Giovanni, con grande dolore di Cinzia, se n'era andato per sempre. Il giorno del suo funerale, Domenico e Giulia, erano li' in prima fila accanto all'amica.
Quel giorno cambio' molte cose.
Da quel triste evento giocavano piu' spesso a canasta ed avevano persino imparato le regole.
Giulia e Cinzia avevano cominciato a passeggiare con Domenico, tutti i giorni. Osservavano in silenzio il quartiere con lui, poi ne discutevano a casa. Parlavano di molte cose tra loro ma mai una volta una sola parola sulla loro innaturale longevita'. Sospiravano alla vita e andavano avanti. Cinzia stava sempre meglio tanto che le ossa sembravano persino essersi rafforzate. Non soffriva piu' cosi' tanto come prima.
Le cose andavano bene finche' una mattina come tutte le altre, uscirono per andare a passeggiare e incontrarono Adele.
Adele era una bambina di cinque anni. Da poco i suoi genitori erano venuti ad abitare al secondo piano del condominio. Adele li osservo' in silenzio, ad occhi sgranati. Il papa' era lontano, era fuori dal portone per prendere la spesa dalla macchina. La bambina sembro' indicare i tre vecchi amici ma il suo dito indice punto' oltre, dietro le loro spalle dove non sarebbe dovuto esserci niente e nessuno se non la porta chiusa dell'appartamento di Domenico.
Ma Adele, nella sua innocenza, vedeva la nera signora con la falce, la vedeva perfettamente. Vedeva la sua tunica nera finire sotto i piedi di Domenico, confondersi nella sua ombra.
Il vecchio le sorrise.
Si chino' su di lei portandosi l'indice alle labbra: “Se non ti porrai delle domande anche tu potrai vivere per sempre. Non ti reclamero'. E' mio diritto farlo se trovo qualcuno che ne valga la pena.”
“Perche’ canasta?” domando’ Giovanni mentre accendeva la TV: c’era l’ultima regata di Luna Rossa, non se la sarebbe persa per nulla al mondo.
“Perche’ la vela?” domando’ a sua volta Cinzia.
Giovanni prese il pacchetto di sigarette e Cinzia capi’ che non c’era risposta. Erano sposati da troppi anni ormai per mettere in discussione le basi del loro rapporto e le cose andavano bene cosi’.
“Canasta!” sorrise Giovanni buttando fuori il fumo che aveva inspirato.
Cinzia annui’.
“Quanto e’ ormai che giochi con i nostri vicini?” continuo’ lui.
“Due anni”
“E quando pensate di studiarvi le regole?”
Cinzia alzo’ le spalle “Giochiamo solo per divertimento... per stare insieme. Le regole sono secondarie non trovi? E se cominciassimo a litigare? Non abbiamo piu’ l’eta’ per litigare, Giovanni!”
La regata stava per iniziare e l’attenzione di lui fu tutta per lo schermo della televisione.
“Devi smettere di fumare. Quella roba ti fa solo del male!” disse lei, ma non era sicura che il marito l’avesse sentita: le barche si erano allineate vicino alla partenza.
Cinzia usci’. Chiuse la porta delicatamente e scese le scale di un piano. Quella storia andava avanti da due anni e per molti altri sarebbe proseguita, uguale a se stessa, in quella ripetitivita' di gesti che e' propria degli anziani.
Quella sera avrebbero giocato da Domenico, al piano terra. Domenico era un ometto di circa ottanta anni, attaccato alla vita come pochi altri. Era sopravvissuto alla moglie e purtroppo anche alla figlia, ma soprattutto era sopravvissuto a tutte le dicerie sul suo conto. Per un certo periodo si racconto’ persino che avesse sequestrato la figlia e l'avesse chiusa in una delle camere della sua grande casa.
L’inquilina del terzo piano lo raccontava spesso a quella del secondo, stando attenta a non affacciarsi troppo dal balcone per la paura che lui potesse scorgerla.
Ovviamente Domenico sentiva tutto, persino i pianti della neonata del quinto piano, e non si lamentava mai. La vita che circondava il suo appartamento non lo disturbava affatto, anzi. Da tutti quei suoni estrapolava la vita e la faceva sua, come una spugna sulla riva di un fiume continua ad assorbirne l’acqua.
Domenico non era molto alto ma gli piaceva quella prospettiva dalla quale osservare gli altri : li studiava, mentre passavano oltre. Li osservava andar via per sempre e riusciva a tirare le somme della loro esistenza attraverso gli occhi di parenti ed amici presenti al funerale.
Non c'era un funerale nella sua parrocchia che si perdesse. Era li' per vecchi amici, per parenti, per semplici conoscenti e persino per gli sconosciuti e anonimi abitanti del quartiere.
Amava passeggiare in silenzio e osservare i negozi lungo le strade. Camminando, giorno dopo giorno, aveva visto chiudere prima la macelleria, poi il veterinario e persino l'elettrauto. Al cambiare dei tempi resistevano soltanto i due bar, l'alimentari e il negozio di cornici.
Aveva pochissimi amici e Cinzia era una di questi. Neanche Giovanni amava passare del tempo con Domenico.
Giulia era un'altra delle sue amiche della canasta. Abitava al quarto piano, era piena di vita nonostante i suoi sessantacinque anni compiuti. Non badava alla dicerie del condominio tanto quanto non ci badassero Domenico e Cinzia. Forse era per questo che si trovavano bene a giocare a canasta senza sapere nemmeno le regole.
Giulia non era mai stata sposata anche se di uomini ne aveva avuti molti. Aveva vissuto bene anche da sola, facendo affidamento solo su stessa. Pensava che le maldicenze su di lei fossero dettate dall'invidia per la sua liberta'. Aveva lavorato a lungo e aveva una pensione di tutto rispetto. Era soddisfatta di se', della sua vita, perche' poteva permettersi di guardare indietro senza avere rimpianti.
Anche Cinzia accettava la vita per quella che era nonostante la sua malattia. Le ossa la facevano soffrire, ma andava avanti cercando di godersi tutto quello che la vita le offriva. Non aveva paura di andare avanti.
Domenico, poi, sembrava alieno a queste preoccupazioni. Giocava e rideva, camminava per ore ed osservava il mondo circostante con occhi neutrali, non per giudicare ma solo per osservare.
Fuori il mondo cambiava e Domenico osservava.
Il tempo passava inesorabile e molti degli inquilini del condominio non c'erano piu', sostituiti da giovani coppie con figli. Domenico era andato a tutti i loro funerali, anche a quello della maldicente signora del terzo piano.
Eppure, anno dopo anno, loro tre continuavano a giocare a canasta tutti i giovedi' sera.
Anche Giovanni, con grande dolore di Cinzia, se n'era andato per sempre. Il giorno del suo funerale, Domenico e Giulia, erano li' in prima fila accanto all'amica.
Quel giorno cambio' molte cose.
Da quel triste evento giocavano piu' spesso a canasta ed avevano persino imparato le regole.
Giulia e Cinzia avevano cominciato a passeggiare con Domenico, tutti i giorni. Osservavano in silenzio il quartiere con lui, poi ne discutevano a casa. Parlavano di molte cose tra loro ma mai una volta una sola parola sulla loro innaturale longevita'. Sospiravano alla vita e andavano avanti. Cinzia stava sempre meglio tanto che le ossa sembravano persino essersi rafforzate. Non soffriva piu' cosi' tanto come prima.
Le cose andavano bene finche' una mattina come tutte le altre, uscirono per andare a passeggiare e incontrarono Adele.
Adele era una bambina di cinque anni. Da poco i suoi genitori erano venuti ad abitare al secondo piano del condominio. Adele li osservo' in silenzio, ad occhi sgranati. Il papa' era lontano, era fuori dal portone per prendere la spesa dalla macchina. La bambina sembro' indicare i tre vecchi amici ma il suo dito indice punto' oltre, dietro le loro spalle dove non sarebbe dovuto esserci niente e nessuno se non la porta chiusa dell'appartamento di Domenico.
Ma Adele, nella sua innocenza, vedeva la nera signora con la falce, la vedeva perfettamente. Vedeva la sua tunica nera finire sotto i piedi di Domenico, confondersi nella sua ombra.
Il vecchio le sorrise.
Si chino' su di lei portandosi l'indice alle labbra: “Se non ti porrai delle domande anche tu potrai vivere per sempre. Non ti reclamero'. E' mio diritto farlo se trovo qualcuno che ne valga la pena.”
FINE
Federica M.